le commissioni

Le commissioni in effetti potrebbero venire costituite in Parlamento, su questo hanno ragione i grillini. Non c’entra la questione delle maggioranze e opposizioni: nella Costituzione e nel Regolamento non se ne parla. Esse devono comunque rappresentare le proporzioni che ci sono nel Parlamento stesso. La prassi (solo la prassi) vuole che a presiederle sia un rappresentante dell’opposizione. Ma finché non si capisce chi sia maggioranza di governo e chi opposizione, potrebbe presiederle il più anziano.

Hanno torto però quando minacciano occupazioni, scambiando il Parlamento per un istituto scolastico.

C’è inoltre il fatto che non si capisce di che cosa sentano l’urgenza visto che loro non hanno presentato finora nessun disegno di legge (vedi QUI). Se tutti fossero bravi e solerti come loro, non si saprebbe di che discutere nelle commissioni.

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Aggiornamento (8 aprile 2013):
Il 5 aprile è stato presentato effettivamente un primo disegno di legge dei M5S : “modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate dallo stesso sesso”.
Vedi QUI.

l’informazione

Adesso, pur di combattere il grave rischio rappresentato in questo Paese dal PD, unico partito che cerca di combattere la deriva antidemocratica in cui ci troviamo, pare necessario alla maggioranza dei media aggiungere ai soliti commenti sui reconditi pensieri di Bersani (appresi evidentemente in via telepatica) che vengono proposti al posto delle sue dichiarazioni (per poter dire o che “non dice niente” o che non pensa quello che dice), l’enfasi entusiasta su Renzi.
I sospetti e le insinuazioni di quest’ultimo che posa esserci da parte del suo partito e del PdL l’intenzione comune di farlo fuori, vengono presentati come un dato di fatto, una realtà certa – a dispetto del fatto che lo stesso Renzi, dopo aver abilmente insinuato il sospetto, con pari abilità si premuri di dire che una cosa del genere la ritiene però “fantapolitica” (vedi QUI).

Pare ugualmente necessario a questi addetti all’informazione sottolineare con enfasi “notizie” sulle gravi spaccature interne del PD, anche a costo di inventarle.
L’ultima di queste “notizie” riguarda un giudizio negativo espresso da Rosy Bindi su Bersani: “Bersani non sa cosa fare“, avrebbe detto Bindi, “e il partito è senza prospettive“. Lo riportava il Secolo XIX, seguito subito da altre testate (vedi QUI).
Rosy Bindi ha smentito con questa nota:

Non c’è stato alcun colloquio con il Secolo XIX e le frasi virgolettate non sono mie. Sono stata fermata per strada da un signore che non ricordavo neppure fosse un giornalista, il quale mi ha subissato con le sue considerazioni e i suoi giudizi sulla situazione politica a cui non ho replicato. E’ molto grave che un incontro casuale si trasformi in una conversazione giornalistica e ancor più grave che le osservazioni del cronista vengano pubblicate come mie risposte mai date

Ma naturalmente questa – che più ancora che una smentita è la denuncia di un falso – viene presentata come un suo tirarsi indietro del tipo “sono stato fraintesa” (vedi QUI). E infatti, nonostante il tenore della sua nota, si prosegue come niente fosse a parlare del “dissenso” di Bindi, dandolo per certo come se la falsa notizia fosse vera.

Ieri poi c’è stato sulla Stampa un articolo di Ricolfi che è davvero degno di nota.
Dopo aver fatto passare per “difesa” di Bersani e dell’ “onore”(?) del PD il disprezzo gettatogli addosso da Renzi nel notare che  si era fatto “umiliare” dai grillini (“è curioso – scrive Ricolfi – che a restituire l’onore al Pd, o quantomeno a provarci, non siano i pasdaran di Bersani, che sulle «radici» e sull’identità del partito avevano puntato tutte le loro carte, ma sia questo ragazzino bizzoso e un po’ strafottente, che però della politica pare avere un’idea alta. Un’idea secondo cui la parola data si mantiene, quel che si pensa lo si dice [evidentemente a differenza di Bersani! nota il lettore], gli avversari si battono in campo aperto, gli elettori – tutti gli elettori – meritano rispetto. “), Ricolfi addirittura scrive quanto segue:

Renzi è l’unico dirigente del Pd che ha capito fino in fondo quanto sia sbagliato, nonché autolesionistico, il disprezzo per l’avversario. Il trattamento che i grillini stanno riservando al Pd, fatto di derisione e disistima, è il medesimo che il Pd ha sempre riservato all’avversario di destra. E’ possibile che molti dirigenti del Pd non se ne siano ancora resi conto, o non se ne facciano una ragione, ma la realtà è che Grillo sta al Pd come il Pd sta al Pdl. Fuor di metafora matematica: per i grillini la classe dirigente del Pd è impresentabile, esattamente come per il Pd lo è quella del Pdl. L’umiliazione del Pd, accusato dal Movimento Cinque Stelle di ogni nefandezza, è una sorta di contrappasso per vent’anni di disprezzo verso gli avversari politici.

Non si capisce dove sia vissuto Ricolfi in questi ultimi anni per poter scrivere quell'”esattamente”.

Però tutto va bene, pur di contribuire se possibile al disfacimento del PD – tolto di mezzo il quale, le magnifiche sorti e progressive di questo Paese potranno finalmente non trovare più ostacoli.

Mah!

Tutti a strillare per la nomina dei cosiddetti saggi (nome inventato e messo in giro dai giornalisti, stravolgendo il senso della cosa).
Nella mia ingenuità, la nomina di queste due commissioni a me era parsa solo un modo per mandare avanti in forma meno rissosa e inconcludente le consultazioni, mentre il governo restava per attuare il pagamento dei debiti verso le imprese e altre urgenze. Io avevo interpretato così le parole piuttosto chiare del presidente della Repubblica, che aveva detto di voler facilitare il compito del suo successore – e nello stesso tempo di non volere dimettersi (probabilmente per evitare un periodo di maggiore e più pericolosa confusione) né di  potere metter su un governo comunque – vista la rissosità dei partiti.

Non riesco mai a capire se sono io sola a non capire nulla o se ci siano misinterpretazioni da parte dei commentatori. Sembra infatti che ciò che viene detto non debba mai essere preso in considerazione, se non dagli ingenui come me.  Chi la sa lunga (quasi tutti) preferisce discutere le intenzioni riposte e sospettate come se queste fossero il vero fatto.

Quando capita a me che si risponda non a ciò che dico ma a ciò che l’interlocutore, per ostilità o sua incapacità di comprensione, suppone che io “in realtà” pensi, in genere mi infurio.

Penso dunque con solidarietà al Presidente della Repubblica.

lo stato delle cose

Ci sono da noi due questioni delle quali si parla sempre in separata sede rispetto alle discussioni politiche e sui destini del nostro Paese.

Una è la la criminalità organizzata (mafia, camorra ecc.), di cui non si può dire che non si parli, ma che non entra mai come tema centrale nel discorso politico, come se non avesse una relazione decisiva con la nostra economia, col degrado ambientale (con i conseguenti disastri), con la nostra condizione sociale e culturale.

L’altra è l’analfabetismo.
Secondo Tullio De Mauro, che di questo problema si occupa da anni, circa l’80% dei cittadini tra i 16 e i sessantacinque anni non è in grado di capire quello che legge – alcuni perché proprio analfabeti in senso letterale, la maggioranza perché pur sapendo leggere le parole non è in grado di decifrare il senso di un periodo (vedi QUI).

Oggi su La Repubblica cartacea un lungo articolo di Simonetta Fiori riprende l’argomento aggiungendo dati relativi alla nostra posizione rispetto a quella di altri Paesi: siamo negli ultimi posti delle classifiche (l’articolo può essere letto QUI).

La gravità della situazione è accresciuta dal fatto  che questi analfabeti di tipo nuovo – a differenza degli antichi analfabeti mai scolarizzati –  sono  inconsapevoli di esserlo. Spesso appartengono a categorie sociali agiate, sono spesso anche dei diplomati. Suppongono di essere sufficientemente istruiti. Usano tutti il telefonino e in parte anche internet per scaricare video o altri contenuti, in molti usano anche FB, ma – proprio a causa dell’analfabetismo funzionale di cui sopra – sono degli “incompetenti digitali” (vedi QUI). Sono persone insomma che non sanno orientarsi nella vita della società contemporanea.

Che cosa questo significhi in rapporto al funzionamento della vita democratica mi pare evidente. La maggioranza dei nostri concittadini si informa esclusivamente attraverso la Tv  senza possedere strumenti critici  sufficienti. E il successo tra il 50% degli italiani dei demagoghi  sorridenti o ghignanti,  dell’urlo al posto del ragionamento, delle fandonie e dei complottismi al posto delle analisi puntuali, del gestaccio al posto della parola, della malaparola o dell’ingiuria scambiata per giudizio franco e veritiero sulla realtà, a me pare che non possa essere spiegato prescindendo da questo gravissimo stato di analfabetismo nazionale.

il metodo di Travaglio

Quanto ci mancano giornalisti come Giuseppe D’Avanzo!
Ripropongo qui il suo articolo del maggio 2008 dove spiegava come non sempre i fatti sono realtà.

Eppure quanti ancora hanno continuato – e continuano persino ora – a considerare Travaglio un coraggioso e bravo giornalista e quasi a offendersi se qualcuno non condivide tale acritica opinione!

quale partito ha ricevuto più voti?

I portatori della Verità, cioè i rappresentanti del M5S vanno proclamando – in genere senza ricevere smentite – di essere il partito che ha ricevuto più voti. In base a tale “fatto” addirittura pretendono (bluffando, come s’usa tra gli amanti della trasparenza) di andare da soli al governo.
In realtà (vedi QUI) hanno ricevuto alla Camera 45.000 voti in più del PD (senza SEL, ovviamente), solo se non si contano quelli degli italiani all’estero. Se si contano anche questi, ne hanno ricevuti circa 150.000 in meno.
Al Senato hanno ricevuto 1.300.000 voti in meno del PD.

Lo segnalo in nome di una effettiva trasparenza – e senza sottovalutare con questo il loro relativo successo.

pseudo-comunicatori

Si lamenta di come i giornalisti travisino il suo ruolo e le sue affermazioni l’addetto o consulente alla comunicazione Martinelli, imposto con Messora dal vertice aziendale ai deputati M5S.
Di conseguenza (in nome della trasparenza, immagino) l’addetto alla comunicazione non comunicherà più niente a quegli “pseudo-omuncoli”.
E dunque nemmeno ai famosi elettori e ai cittadini in generale, di cui solo una piccola percentuale usa internet per abbeverarsi alla fonte originale (non travisata) del pensiero grillico.

Non gli viene il sospetto che anche con tutti gli altri gruppi e partiti e politici i giornalisti si comportano allo stesso modo, e che da anni la “macchina del fango” ha coinvolto molti altri – ammucchiandoli, per esempio, indistintamente nella famosa “casta” (e va ricordato che specialmente di Bersani raramente viene riferito ciò che afferma; tanto che per anni è diventato luogo comune che non diceva nulla; spesso invece ci si dilunga su ciò che “pensa” o ritiene, o che di lui, anonimamente, si vocifera). E che dunque tutto ciò che viene attribuito alle intenzioni e alle astuzie e ai supposti “inciuci” (parola di successo del pessimo giornalismo) dei famigerati politici andrebbe valutato parlando direttamente con questi ultimi, anziché attenendosi solo al si dice della stampa e della Tv.

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Aggiungo in margine che l’espressione pseudo-omuncoli usata da Martinelli è piuttosto bizzarra. Se sono pseudo, vuol dire che non sono omuncoli. Senza saperlo, volendo essere iper-sprezzante, ha fatto loro un complimento.

Quanto agli addetti alla comunicazione, occorre intendersi. Il loro ruolo è tutto interno alla opacità del movimento. I due addetti potrebbero chiamarsi controllori, forse: controllori dell’allinemento dei gruppi alla Camera e al Senato rispetto alle direttive di Casaleggio-Grillo, suggeritori forse anche, oppure anche più semplicemente guardiani.

obiettivi

Poca risonanza, mi pare, ha avuto la dichiarazione di Grillo che l’obiettivo del suo movimento è di ottenere il 100% in Parlamento. Poi M5S si scioglierebbe, lui dice. Il Parlamento diventerebbe così il luogo dei cittadini. I quali dunque si arrangerebbero da soli a discutere i provvedimenti da prendere. Un po’ come succede nelle riunioni condominiali, viene da pensare.

D’altro canto, se invece il movimento non si sciogliesse e continuasse a decidere la propria “linea” col sistema centralizzato e verticistico attuale, l’obiettivo del 100% non è altro che quello di un partito unico, già sperimentato in tutte le dittature.

Si tratta dunque o di una sciocchezza o di una minaccia. Di una minacciosa sciocchezza temo io. Perché per renderla invece solo una sciocca minaccia occorrerebbe una generalizzata presa di coscienza dei rischi che questo tipo di discorsi e di programma comporta. Ma non se ne parla nemmeno.

Si preferisce, nella stampa dell’area di centrosinistra, tirare fuori i conti di Grillo e dei cognati. Ora, i conti di Grillo certo importano. Ma il fatto è che, se anche lui e Casaleggio fossero due specchiati cittadini che pagano tutte le tasse ecc., nulla cambierebbe rispetto ai rischi che comporta il loro programma assolutistico sostenuto attraverso un movimento diretto dall’alto come è il M5S.

(sempre sperando di sbagliarmi)

Peso el tacòn che el buso (peggio la toppa che il buco)

Il parlamentare del M5S (manco a dirlo, laureato in qualcosa) che ha parlato (QUI) dei microchip iniettati in USA per perseguire un progetto di controllo globale sulla popolazione, si è poi difeso (QUI) spiegando che la sua intervista era stata tagliata e montata male, che lui aveva parlato anche di altre cose e che nominare la faccenda dei microchip non significa crederci.

… ho riferito di quelli utilizzati per controllo biomedico, di cui si parla nel filmato. Riferire qualcosa non significa per forza farlo proprio, o sbaglio? Sono cosciente del fatto che il filmato contenga errori, ma mi incuriosisce lo sguardo ‘alternativo’ che fornisce nella lettura della realtà.

Forse lo dovrebbe incuriosire di più anche qualche lettura alternativa a quelle “alternative”.
E, visto che paventa trame a danno della libertà dei cittadini, potrebbe chiedersi se per attuare un progetto di controllo non basti già, in alternativa al microchip, l’opera di qualche informatico esperto di marketing che sappia manipolare il consenso di quei tanti cittadini che, benché laureati, ritengono internet unica fonte di sapere e di verità, nonché strumento di trasparenza.

benefattori?

Questa mattina, al notiziario di RadioTre delle nove meno un quarto, sento strillare questo titolo: “Grillo paventa il referendum sull’euro”.
Toh, ha cambiato idea!, avrei pensato se non avessi cognizione della melma in cui stiamo navigando. Ma è difficile purtroppo non averne cognizione. Così – sia pure imprecando – ho dovuto adattarmi a tradurre la frase e a capire che chi strillava tale notizia intendeva comunicare il perfetto contrario di ciò che diceva.
Ahimé, non paventa affatto, Grillo, ma minaccia.

Mi chiedo che cosa capisca (o traduca) quando legge “paventa” quel giornalista che usa tale verbo in senso contrario.
Mi chiedo che cosa nebulosamente capiscano, quando leggono o ascoltano discorsi in corretto italiano, tutti quelli che hanno con la nostra lingua lo stesso rapporto di estraneità di chi ha composto quel titolo. Me lo chiedo non oziosamente, ma perché so che hanno diritto di voto e la mia sorte dipende in grande misura anche da loro.
Mi chiedo infine (ma è domanda retorica) perché mai un addetto alla informazione che usi così la lingua non venga immediatamente licenziato.

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In Misura per Misura (Shakespeare) c’è una scena comica in cui una specie di poliziotto di quartiere (un sempliciotto ignorante che però si sente un po’ più su degli altri della sua classe per il fatto di avere una “coppola” in testa), portando dinnanzi al giudice due poco di buono che ha appena arrestato, dice, tentando di parlare forbitamente:
I do bring here before your good honour two notorious benefactors (porto qui di fronte a vostro onore due notori benefattori)”
Al che il giudice risponde: “Benefactors? Well, what benefactors are they? Are they not malefactors? (benefattori? Be’, che sorta di benefattori sono? Non è che sono dei malfattori?)”

Ecco io pavento il dilagare di questi “benefattori” della lingua italiana – e di conseguenza delle sorti del nostro sciagurato paese. Finiranno col farci sentire stranieri in patria. Fortuna che siamo vecchi e presto cambieremo residenza.
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Aggiungo che già avevo previsto, qui, più di un anno fa, il successo di quest’uso balordo di “paventare”. Speravo di sbagliarmi…