Si ripete spesso che i leghisti saranno, sì, un po' rozzi a volte e con alcuni esponenti, compreso il gran capo (il cosiddetto 'animale politico'), molto malparlanti, ma esprimono nei comuni bravi amministratori (come del resto li esprimono spesso anche altri partiti) e hanno inoltre esponenti più 'moderati' e meglio parlanti. E qui si fa l'esempio di Maroni, vantando a suo merito le operazioni di polizia contro le mafie, senza badare che queste sono in verità merito della polizia certamente, ma sotto la guida della magistratura.
Il bravo Maroni tuttavia ha dimostrato in questi mesi una totale incapacità (nel migliore dei casi) nel gestire il problema degli immigrati.
Dopo aver pronosticato fin da gennaio l'arrivo di centinaia di migliaia di profughi (che intanto i suoi compagni di partito chiamavano invasori, delinquenti ecc.), invece di approntare misure adeguate per evitare che si ammassassero a Lampedusa in misura enormemente superiore alle possibilità di accoglienza dell'isola, invece cioè di preparare mezzi (navi e aerei) per dislocarli in località sparse nel territorio (concertando con le amministrazioni regionali e locali la loro sistemazione) non ha fatto niente.
Come si sa, gli immigrati – benché inferiori di gran lunga alle mirabolanti previsioni – sono stati lasciati nell'isola per settimane, senza adeguate strutture, fino a superare per numero gli abitanti stessi. Sono stati lasciati come animali, senza bagni, senza cibo sufficiente, come se il loro arrivo non fosse stato previsto e fossero piovuti all'improvviso in un paese del tutto impreparato. Intanto il ministro sbraitava contro l'Europa che non ci aiutava e non li voleva accogliere a sua volta, liberando noi del loro peso. Vaneggiava di rimpatri forzati e si opponeva alla proposta dell'opposizione di dare loro la protezione temporanea, prevista dall'ordinamento europeo, che avrebbe consentito agli immigrati di raggiungere in forme non clandestine (e quindi non incontrollate) le loro mete – la Francia, per lo più, e la Germania.
Infine, con grande e inspiegabile ritardo, ha mandato le navi a sgomberare l'isola trasportando però i profughi in grandi accampamenti nell'Italia meridionale, pur sapendo (lui, che tanto ci tiene alla sicurezza e che ha sempre paventato la possibile presenza di terroristi e delinquenti vari in mezzo a loro) che di lì sarebbero fuggiti alla spicciolata e fuori da ogni controllo per tutto il territorio.
Intanto ha tentato di scaricare il controllo del flusso migratorio sulla Tunisia, dove c'è un governo provvisorio e un problema profughi di gran lunga maggiore che nel nostro paese (ne hanno più di centomila contro i nostri ventimila).
Ora parrebbe che il suo capo (quello del fora da i ball) si sia acconciato a 'concedere' che si faccia ricorso alla suddetta protezione provvisoria, che se applicata fin dall'inizio avrebbe di per sé reso meglio gestibile tutto il problema e chiamato l'Europa a farsene carico in base ai suoi stessi ordinamenti.
Una tale gestione del problema degli sbarchi basterebbe da sola a motivare le dimissioni di un simile ministro per manifesta incapacità.
Ma, così come vanno le cose da noi, incredibilmente serve a raccogliere consensi per la Lega nei suoi territori, tenuti sgombri appositamente da accampamenti.
L'emergenza immigrati non è quindi esempio di incapacità, come nella migliore delle ipotesi. È vera invece la peggiore delle ipotesi: è stata provocata appunto con lo scopo di accrescere i consensi, secondo la tradizionale linea della Lega che, pur essendo da anni al governo e con incarichi di grande responsabilità, insiste nel presentarsi ai suoi elettori come partito di opposizione che scarica su Roma la reponsabilità di ogni cosa che non funziona. Secondo questa propaganda (Vendola la chiamerebbe "narrazione") sembra un dettaglio secondario ai suoi fedeli che a Roma nelle stanze delle decisioni stanno, e non senza prepotenza, proprio i massimi dirigenti della Lega.
Tuttavia, sarebbe un errore credere che si possa accusare la Lega di incoerenza. La sua narrazione contraddittoria serve essenzialmente a uno scopo preciso: quello di dividere, nelle coscienze dei cittadini, il Nord dal resto d'Italia, facendo aleggiare l'idea che ogni problema sarebbe risolto alla radice se si recidessero i legami tra i territori settentrionali e quelli del resto della penisola.
Aggiornamento:
aggiungo qui il link a un articolo di Emma Bonino su questo tema, apparso oggi, 6 aprile, su La Stampa.