filologismi

Ha detto Calderoli, a proposito del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia: "Fare un decreto legge per istituire la festività del 17 marzo, un decreto legge privo di copertura (traslare come copertura gli effetti del 4 di novembre, infatti, rappresenta soltanto un pannicello caldo e non a casa mancava la relazione tecnica obbligatoria prevista dalla legge di contabilità), in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale e in più farlo in un momento di crisi economica internazionale è pura follia. Ed è anche incostituzionale".

Ciò che è indigeribile non è tanto che al ministro leghista non piaccia festeggiare l'Unità d'Italia perché lui aspira alla separazione della Padania da cui, come hanno scritto sui muri alcuni della sua parte, vorrebbero cacciare "fuori i taliani", e il tricolore lo userebbe, come disse Bossi, per il cesso, mentre tapezzerebbe le scuole di simboli leghisti. Non è questo che disgusta tanto (anche se a me disgusta moltissimo), quanto il fatto che si nasconda così vilmente e miseramente dietro ridicoli pretesti economici e addirittura invochi – del tutto a sproposito – la Costituzione (che, a giudicare da come non ha saputo distinguere le leggi inutili da quelle necessarie, eliminando queste e quelle nel suo famoso falò, viene il sospetto che non abbia forse letto con sufficiente attenzione).

Il miserrimo pretesto economico, suggeritogli da Marcegaglia (chissà se da solo ci avrebbe mai pensato) è davvero risibile. Tanto più che, come è ben noto a tutti quelli che lavorano, quest'anno le feste civili cadono tutte di domenica e ricompensano già delle temute perdite che fa mostra di paventare – e il 17 marzo sarà festa solo quest'anno.

Viene però Borghezio (ieri sera su La7 a Otto e mezzo) a tenere alta la bandiera della sincerità per rincuorare i suoi con la sua rude retorica: per lui questo anniversario è addirittura un giorno di lutto. Secondo lui, il nord d'Italia è stato trattato come una colonia (!) e se la prende persino con Benigni che dice di considerare peggio che le ragazze di Arcore (del loro utilizzatore finale non parla): "Prende un sacco di soldi per fare uno spettacolo di untuoso ossequio ai valori risorgimentali e alla retorica del Risorgimento", dice e perciò gli "fa schifo".
Del resto non ha capito molto di quello che Benigni ha detto: per esempio confonde, pensa (dice di avere udito) che il comico abbia raccontato che a Legnano a suo tempo sventolavano contro il Barbarossa il tricolore (cosa che ovviamente Benigni non ha detto – ma lui di un discorso coglie solo alcune parole trascurando i nessi logici) e resta fermo, fra l'altro, nell'interpretazione errata della famosa "schiava di Roma", perché la semplice analisi logica per lui è filologismo, cioè astruseria, cosa che puzza di cultura. Per questa stessa ragione, non sa nulla della storia; e se ne vanta.

negazionismi ed elusioni

Come si è letto nei giorni scorsi, il professor Claudio Moffa all’Università di Teramo ha fatto lezioni in cui diceva che i campi di sterminio sono un falso storico propagandato dagli ebrei, che i forni crematori non sono esistiti e nemmeno le camere a gas e che gli ebrei morti sono state poche migliaia anziché milioni.
Non è il primo né il solo a dirlo, purtroppo, come si sa (e c'è anche quel fior fiore di storico che si chiama Ahmadinejad, per esempio, a fargli compagnia).  Ma questo è un professore che parlava da una cattedra di una nostra pubblica università, e la cosa ha suscitato giustamente scandalo e polemiche.  Le università dovrebbero infatti essere luoghi di scienza e di ricerca, non di propaganda per tesi non suffragate da prove.

Ieri però c'è stata una lettera del presidente della Comunità Ebraica di Roma, in cui si chiedeva che il Parlamento faccia una legge che "renda reato il negazionismo e il ridimensionamento dei numeri della Shoah" e da parte dei politici c'è stato un coro di assensi.  Naturalmente comprendo e condivido lo sdegno e la ferita da cui nasce tale proposta; ciò non toglie però che questa mi pare assurda, rischiosa e controproducente.
Voler stabilire per legge  ciò che è vero o falso in fatto di storia o magari di scienza mi pare una soluzione pericolosa oltre che assurda. Le sciocchezze, i falsi e le menzogne si smentiscono attraverso argomentazioni, ragionamenti e documentazioni: nel dibattito culturale, non nel dibattimento dei tribunali.
In Italia si è sempre parlato troppo poco delle radici del fascismo e del nazismo, quasi che questi fenomeni fossero cose aliene, riguardanti un passato lontano e sostanzialmente estraneo. Come se il fascismo non fosse nato in Italia; come se le leggi razziali del 1938 fossero state cose secondarie, da cui autoassolversi rapidamente con qualche frase di circostanza; come se l'antisemitismo o altri atteggiamenti razzisti non ci riguardassero – come se l'atteggiamento ostile che oggi va diffondendosi verso i Rom, per esempio, o gli immigrati non avesse niente a che vedere con quel passato che è dentro la nostra storia e che viene però eluso nelle scuole e da ogni discorso e nascosto, per così dire, sotto il tappeto.
Una legge che dichiarasse reato il negazionismo non farebbe che ribadire tale elusione. Non solo: avrebbe un carattere illiberale, quasi direi medievale. Sarebbe pericoloso un ritorno al principio di autorità.

E inoltre: ce ne sono un'infinità di sciocchezze e falsità che circolano sulla stampa (e ancora di più in rete).
Ci sono quelle relative a storie sugli Ufo, sulle medicine "naturali" miracolosissime, sul "creazionismo" ecc. – e magari, tanto per non tralasciare le mie passioni, anche quelle secondo cui le opere di Shakespeare sono state scritte da Bacone o da Marlowe o dal siciliano Crollalanza. Si dovrebbe dichiararle reati?
Se si volessero tacitare le fandonie o i falsi, per quanto dannosi, non con argomenti e confutazioni basati sulle ricerche documentali e scientifiche, non con la diffusione della cultura storica e scientifica e della capacità di usare gli strumenti della ragione e della ricerca, ma attraverso l'imposizione di una legge, verrebbe inevitabilmente il dubbio – nell'ignoranza che dilaga e che fa ritenere tutte le opinioni dello stesso peso – che forse davvero quelle fandonie potrebbero anche essere delle "verità".
 

storicamente parlando

L'attacco contro la Chiesa (per lo scandalo della copertura data ai preti pedofili) sarebbe dovuto secondo monsignor Babini, vescovo emerito di Grosseto,  a " i nemici di sempre dei cattolicesmo, ovvero massoni ed ebrei e l'intreccio tra di loro a volte é poco facile da capire". Dice il monsignore: " ritengo che sia maggiormente un attacco sionista, vista la potenza e la raffinatezza, loro non vogliono la Chiesa, ne sono nemici naturali. In fondo, storicamente parlando (sic!), i giudei sono deicidi".
Sempre secondo il monsignore, Hitler in fondo aveva le sue ragioni: " l'olocausto fu una vergogna per la intera umanità, ma ad esso occorre guardare senza retorica e con occhi attenti. Non crediate che Hitler fosse solo pazzo. La verità é che il furore criminale nazista si scatenò per gli eccessi e le malversazioni economiche degli ebrei che strozzarono la economia tedesca. Una tanto veemente reazione si deve anche a questo, la Germania era stanca delle angherie di chi praticava tassi di interesse da usura".
Poi  il monsignore se la prende con gli omosessuali (del resto anche questi finirono nei lager per opera di Hitler, quel brav'uomo, esasperato e calunniato): "Bisogna trattare coloro che solo hanno tendenze omosessuali con delicatezza e senza infierire, con misericordia. Ma accettino serenemante la loro croce (sic!) e la malattia con santa rassegnazione." Eccetera.

Non si capisce se siano riportate con esattezza le dichiarazioni antisemite attribuite dal sito ultraconservatore cattolico Pontifex (vale la pena di visitarlo) al vescovo emerito di Grosseto. Lui le ha smentite (qui si può leggere il commento dei suoi intervistatori: "è bastato uno starnuto degli ebrei di america, ed ecco la smentita", dicono), ma resta che ci sono ambienti del cattolicesimo in cui tali affermazioni sono considerate sacrosante e hanno seguito. Del resto, per secoli hanno fatto parte anche del pensiero ufficiale della Chiesa. Né sembra che suscitino oggi nelle gerarchie un granché di sdegno: nessuna scomunica, nessuna condanna ufficiale e solenne. Solo il consiglio di smentire, di negare di aver detto ciò che si pensa, di fingere d'essersi adeguati ai tardivi pentimenti espressi recentemente dalla Chiesa.
E quanto profondo sia questo pentimento si rileva da quella specie di lapsus in cui è scivolato in questo Venerdì Santo il predicatore ufficiale del papa, che ha paragonato l'"attacco alla Chiesa" alla Shoa – come se le due cose fossero in qualche modo commensurabili. C'era probabilmente un retro-pensiero in quel paragone assurdo: c'era il fantasma dei "nemici del cattolicesimo, i giudei deicidi" che aleggiava forse in mente a quel predicatore. Si può arrivare a pensare che volesse dire "quello che noi abbiamo fatto a voi ecco che ora per vendetta vorreste farlo a noi"…

a seconda dell’interlocutore

In Israele faccia feroce con l’Iran verso cui si invocano strette sanzioni e grande durezza.
Solo pochi giorni fa, il sempre imbarazzato Frattini si giustificava con Hillary Clinton a proposito degli affari italiani in Iran, dicendo, come uno scolaro che accusa del suo ritardo la sveglia: “Noi non possiamo imporre nulla all’Eni, ma lei stessa ci ha detto che non farà in Iran grandi investimenti …” (QUI). Ricordo che l’Italia è presente in Iran, oltre che con l’ Eni, con Tecnimont, Edison, Ansaldo, Fiat, Fata, e varie altre compagnie medio- grandi di settori civili o energetici. Vedremo poi come se la caverà. C’è sempre Putin cui chiedere consiglio.

Ancora in Israele, il nostro statista ha ricordato come qualmente noi italiani, incappati “sfortunatamente” (si sa, non è mai niostra la responsabilità, ma sempre della sfortuna) nella macchia delle leggi razziali, ce ne ripulimmo però immediatamente, liberandoci da nazisti e fascisti attraverso il coraggio di molti eroi civili. Peccato però che, qui da noi, le forze al governo promuovano invece la vulgata secondo cui la lotta di liberazione non sia stata altro che una brutta guerra civile, e vogliano equiparare i meriti dei combattenti dell’una come dell’altra parte. I “ragazzi di Salò”, alleati ai nazisti, meriterebbero, secondo loro, lo stesso onore dei partigiani e degli insorti che si opposero a loro con le armi.

L’altro ieri, ancora in Israele, di fronte al Parlamento, il nostro ci ha tenuto a dichiarare che l’attacco a Gaza fu giusto e che lui non ha approvato il rapporto Goldstone dell ONU, che “cercava di incriminare le giustificate azioni di Israele”.

Ieri però parlando con i Palestinesi, il nostro ha paragonato le vittime di Gaza con quelle dell’Olocausto.
L’uomo è un buono: ama tutti e non vuole fare scontento nessuno. C’è da pensare che quando agli inferi si troverà a parlare con Hitler, gli dirà, tra una barzelletta e l’altra, che ha sempre nutrito la convinzione che la faccenda dei lager non fosse che una fandonia inventata dai comunisti e dalle lobby ebraiche e che, in fondo, se questi ebrei sono così spesso stati oggetto di antipatia, qualche ragione doveva pur esserci.

Un’ultima noticina: sempre in Israele, per sottolineare la grande amicizia e fratellanza che lega noi italiani agli ebrei, ha attribuito a Giovanni Paolo II e al rabbino Toaff l’affermazione che “l’Italia è un fratello maggiore (anzi un “big brother”!) rispetto a Israele” cui l’accomuna un simile fato (?).
Inutile ricordare che in verità il papa, lungi dal parlare di italiani, aveva detto semmai che gli ebrei erano i fratelli maggiori dei cristiani. Ma che importano questi dettagli?

(non me le invento queste cose: le ricavo da questo articolo su Haaretz)

tempi nostri

Erik Priebke, proprio lui, non un omonimo, proprio quello del massacro delle Fosse Ardeatine, è stato nominato presidente onorario della giuria di “Star of the year”, concorso per miss riservato alle bellezze della Ciociaria.

Non volevo credere a questa notizia, quando me l’hanno detta. Speravo fosse un’invenzione.
Invece no: è proprio vera. Può accadere anche questo oggi nel nostro paese. Accade anzi, e nell’indifferenza dei più. Leggere qui.

fatti

Il Libro dei fatti dell’OCSE (Factbook 2008) dice che l’Italia, tra il 2001 e il 2006 (gli anni dell’inglorioso governo Berlusconi), è venuta a trovarsi, non più tra gli ultimi, ma a essere proprio l’ultima in assoluto quanto a crescita della produttività (prodotto interno lordo per ora lavorativa). La crescita è stata insomma nulla.
Si può vedere il grafico QUI.

Inoltre (e sapevamo anche questo) salari sostanzialmente fermi, reddito pro capite in diminuzione.

Ma ci sono altre cose deprimenti nel Libro dei Fatti.
Per esempio: solo la Turchia ci batte per quantità di giovani tra i 15 e i 19 anni che non vanno a scuola e nemmeno hanno un lavoro (vedi grafici, che sono riferiti al 2005, QUI).
Quanto a quelli che vanno a scuola, gli italiani sono, come già si sapeva, in umiliante posizione per quanto riguarda le conoscenze e le abilità acquisite (test di Pisa del 2006 QUI).
E per la scuola e l’istruzione gli investimenti sono bassi.
Ma di questo non si parla nella nostra infelicissima campagna elettorale (fatta esclusione per Boselli).
Anzi si discute, da parte degli “intellettuali” del popolo delle libertà (vedi Dell’Utri) di annoverare Mangano (lo stalliere di B., condannato per mafia) tra gli eroi nazionali (insieme con i ragazzi di Salò, naturalmente, e magari anche i soldati pontifici che si opposero ai bersaglieri a Porta Pia).

Negare i campi di sterminio nazisti può essere reato?

L’idea di rendere illeggittimo il negare i campi di sterminio nazisti contro ebrei, zingari e omosessuali (oltre che, come è consuetudine in tutte le dittature, gli oppositori politici) è pericolosamente balorda. Lo hanno già fatto notare vari storici e intellettuali (vedi l’appello firmato da più di duecento storici, pubblicato ieri su La Repubblica), nonché autorevoli esponenti del mondo ebraico, come tra gli altri l’ex rabbino capo Toaff.

Sarebbe come voler stabilire per legge che la terra ruota intorno al sole, oppure (e qui mi riaggancio al dialogo con Lorenz nei commenti al mio post dell’altro giorno) che la teoria dell’evoluzione è un passo avanti nella conoscenza della realtà.
La conoscenza delle cose (sembra quasi superfluo dirlo, ma evidentemente non è così) andrebbe promossa, non tanto attraverso la reiterazione di affermazioni (per quanto fondate e veritiere), quanto soprattutto attraverso la diffusione dei metodi di conoscenza razionali e scientifici. Solo promuovendo una pratica educativa che tenga conto di questo, potrebbe svolgersi anche quella “battaglia culturale” che gli storici ritengono “necessaria” per fare diventare coscienza comune la verità storica dello sterminio nazista.
Un sistema di vincoli legali che stabilisca ciò che in campo storico-scientifico è lecito affermare o negare sarebbe un sistema autoritario dogmatico: non promuoverebbe la conoscenza, perché non promuoverebbe la capacità di pensare criticamente. Mentre c’è uno straordinario bisogno, in questo momento più che mai, della capacità di pensare criticamente.
In questo momento più che mai, perché ci troviamo per la prima volta davanti a una massa senza precedenti di informazioni che i nuovi mezzi di comunicazione mettono a disposizione di tutti, ma senza alcun filtro che segnali la bufala, o la cattiva rimasticatura di concetti orecchiati, le piatte o anche fantasiose sciocchezze, rispetto alle testimonianze comprovate o ai risultati di studi e ricerche accurate.

Le informazioni e le disinformazioni viaggiano nello stesso treno confuse e indistinguibili a occhi inesperti, ciascuna irradiando una propria capacità di suggestione e appellandosi all’incapacità di orientamento di una grande massa di destinatari.

E allora, cosa si vorrebbe fare? Creare un’authority ufficiale e legale che stabilisca quali siti su internet sono “veritieri” e quali no? Quali affermazioni che circolano in rete sono sensate e credibili e quali sono sciocchezze? Ripristinare un Indice delle letture lecite e di quelle illecite?

Singoli siti potrebbero utilmente svolgere una funzione di indirizzo e di filtro. Ma che tale compito venga assunto da un’istituzione legale non potrebbe che essere un fatto negativo, perché riporterebbe l’intera popolazione a uno stato di minorità di fronte ai pochi che detengono e gestiscono il sapere.

Non solo. Se, ritornando ai metodi del passato, le verità dovessero venire imposte per legge, c’è anche il rischio che l’irrazionalismo, che accompagna inevitabilmente tanta parte dell’ignoranza appassionata di molti, nutra l’idea che il semplice fatto che qualcosa sia vietata e perseguitata possa costituire prova di una sua segreta e rivoluzionaria verità.