Mi piacciono i ragionamenti che procedono; quelli in cui a un’osservazione non risponde il silenzio, un’alzata di spalle, un semplice risolino, una battuta o un “mi piace” come su FB. È bello che dall’osservazione di alcuni nasca un ragionare di altri.
Ieri su la Repubblica c’era un articoletto di Bartezzaghi sull’uso stravolto di “paventare” che va dilagando da un po’ di tempo in qua. Anch’io l’avevo notato in un post mio di cinque anni fa, ma limitandomi alla notazione del fatto.
Bartezzaghi va più in là:
L’USO NUOVO DEL PAVENTARE E LA POLITICA DELLA PAURA
«LE OPPOSIZIONI paventano la crisi di governo». La temono o invece la annunciano, la minacciano, la prospettano, la ventilano, la preparano, in fondo la auspicano? La seconda interpretazione è più logica, ma quella linguisticamente corretta è la prima. Ebbene? La lingua cambia e non bisognerebbe patire troppo le distorsioni linguistiche altrui, per non cadere nella Sindrome di Palombella Rossa e finire per prendere a schiaffi inermi giornaliste e urlare: «Le parole sono importanti!» (due reazioni, quale più, quale meno, sicuramente esagerate).
Sul caso di “paventare” converrà predisporsi alla rassegnazione: i vocabolari non registrano ancora questa nuova accezione, ma lo faranno presto — che lo si paventi o meno. Si tratta però un caso tutt’altro che banale. Il verbo significa propriamente “temere” e, con lieve estensione, “prevedere qualcosa di temibile”. Cassandra paventa, paventa fortemente. Ma Cassandra sa, per dono degli dèi, dice e non viene ascoltata. Invece oggi chi paventa viene ascoltato, anche se più di tanto non può sapere. Il significato di “paventare” è così piano piano scivolato fino ad arrivare su un terreno che è il suo, cioè fino a significare non più: «aver paura di»; ma: «mettere paura di». L’enfasi oggi non è sulla temibilità dell’oggetto paventato, bensì sul potere di monito del paventare.
Tutti a dirci che oggi la nostra pancia è più importante della nostra testa, e non perché sia importante che nessuna delle due sia vuota (c’è peraltro un programma migliore di questo, per la Sinistra?). La verità è che la pancia ha preso il comando, decide lei. “Paventare”, nel senso di “aver paura”, non è importante, anzi è consigliabile per le persone di potere e successo «non aver paura di nulla ». L’importante è invece saper “paventare”, nel senso di “mettere paura”, comunicare paura (e magari e soprattutto la paura che non si ha), minacciare; più in generale: mirare alla pancia, emozionare. La pancia ha in effetti un precedente storico nella politica italiana, e proprio alle sue origini: il famoso apologo del senatore Menenio Agrippa contro il ritiro sull’Aventino dei plebei (494 a.C.). Gli organi del corpo non devono scioperare contro l’inerzia dello stomaco, che riceve cibo dalle braccia e non fa nulla, perché è lo stomaco che redistribuirà le energie a tutti. Duemila e cinquecento anni dopo, e rotti, la pancia viene invece usata per istigare alle divisioni e per mandarli, i plebei, su un Aventino separato dalla politica e dalla fisiologia sociale.
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