brioso e genuino

Leggo su La Repubblica che, per difendere il suo consigliere e compagno di partito, Mauro Aicardi, che su Face Book aveva scritto che per gli immigrati “servono i forni”, il sindaco leghista di Albenga (SV),  Rosy Guarnieri ha dichiarato quanto segue:

“Chi, come me, lo conosce da tempo sa che è una persona briosa e genuina, che per il suo essere spontaneo, magari sentendosi tra amici, esprime concetti, volutamente provocatori, il cui significato è del tutto diverso da quello percepito. Non è un razzista, non è un violento: Mauro Aicardi è un ottimo marito e padre di famiglia, un bravo amministratore, un individuo leale e sincero che rispetta le idee di tutti coloro che rispettano le leggi. In un impeto di irritazione nei riguardi di coloro che delinquono, di chi con arroganza fa uso delle debolezze delle persone creando disagi sociali, ha usato un’espressione forte.”

Chissà, forse anche il significato di questi concetti di brio e genuinità è del tutto diverso da quello percepito. Come pure il non essere nazista in quanto bravo marito e padre di famiglia, potrebbe essere un’espressione volutamente e briosamente provocatoria, tutta da decriptare.

mah!

Il presidente della regione Piemonte, il leghista Cota, ha ritenuto di non dovere incontrare il ministro Riccardi andato a far visita al campo dei Rom oggetto del pogrom di Torino. A chi gliene ha chiesto la ragione, Cota ha risposto:   “Riccardi chi? Conosco tanti Riccardi e non so bene ancora tutti i nomi dei ministri” (leggi QUI e QUI).

A Verona, invece, il sindaco Tosi ha partecipato alla manifestazione contro il razzismo organizzata dopo la strage di Firenze. Questo potrebbe essere un buon segno. Ma non è così: non è possibile infatti dirsi a favore dell’integrazione e contro ogni forma di razzismo e, nello stesso tempo, militare dentro un partito che ha tra i suoi esponenti e militanti  vari Borghezio (quello che condivideva gli ideali di Breivik), per non dire di Bossi con la sua invocazione di cannonate sui barconi, di Maroni con la sua politica di Lampedusa e, non ultimo, del suddetto Cota.

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Aggiungo in margine: quando da parte dei leghisti e loro simpatizzanti si ripete: “Noi non siamo razzisti. Vanno bene gli immigrati, purché imparino e accettino le nostre regole di convivenza civile”, c’è da domandarsi quali siano queste regole.

Se, per esempio, esse comprendano l’imitazione dell’eloquenza di Borghezio o Bossi, il fare pernacchie e alzare il dito medio se richiesti di un parere sulle questioni politiche, vantarsi di usare la bandiera italiana per il cesso, evadere le tasse facendole pagare agli altri (vedi quote latte) o magari per “obiezione di coscienza” – e anche, se si è esuberanti, organizzare spedizioni punitive contro comunità sgradite per difendere l’onore delle proprie donne. Chi lo sa…

lingua padana

Questa notte, verso le quattro, accendo la radio per cercare di riaddormentarmi e sento che un leghista sta intervenendo nella seduta notturna della Camera e, a un certo punto, cita un proverbio in dialetto lombardo (mi dispiace ora di non ricordarlo) aggiungendo che “così si dice da noi in lingua padana“.

È un sollievo, in fondo, apprendere che la fantomatica Padania abbia ristretto i suoi immaginari confini al territorio natio di quel deputato. Significa che noi, di regioni in cui si parla veneto (ammesso che esista una lingua veneta e non il veneziano, il chioggiotto, il padovano, il veronese, il vicentino, il trevigiano ecc.) o piemontese (sempre ammettendo ecc.) o l’emiliano, il ligure ecc., siamo per fortuna in salvo, di qua da quel confine.

tribù

L'ultima della Lega è una proposta di legge per istituire eserciti regionali alle dipendenze dei presidenti delle Regioni, i cosiddetti "governatori". Girerebbero armati.
Che l'idea sia venuta in seguito ai fatti di Libia? Eserciti tribali – o magari, vista la supposta ascendenza celtica, di clan.

A me non va, tuttavia, di riderne.

filologismi

Ha detto Calderoli, a proposito del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia: "Fare un decreto legge per istituire la festività del 17 marzo, un decreto legge privo di copertura (traslare come copertura gli effetti del 4 di novembre, infatti, rappresenta soltanto un pannicello caldo e non a casa mancava la relazione tecnica obbligatoria prevista dalla legge di contabilità), in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale e in più farlo in un momento di crisi economica internazionale è pura follia. Ed è anche incostituzionale".

Ciò che è indigeribile non è tanto che al ministro leghista non piaccia festeggiare l'Unità d'Italia perché lui aspira alla separazione della Padania da cui, come hanno scritto sui muri alcuni della sua parte, vorrebbero cacciare "fuori i taliani", e il tricolore lo userebbe, come disse Bossi, per il cesso, mentre tapezzerebbe le scuole di simboli leghisti. Non è questo che disgusta tanto (anche se a me disgusta moltissimo), quanto il fatto che si nasconda così vilmente e miseramente dietro ridicoli pretesti economici e addirittura invochi – del tutto a sproposito – la Costituzione (che, a giudicare da come non ha saputo distinguere le leggi inutili da quelle necessarie, eliminando queste e quelle nel suo famoso falò, viene il sospetto che non abbia forse letto con sufficiente attenzione).

Il miserrimo pretesto economico, suggeritogli da Marcegaglia (chissà se da solo ci avrebbe mai pensato) è davvero risibile. Tanto più che, come è ben noto a tutti quelli che lavorano, quest'anno le feste civili cadono tutte di domenica e ricompensano già delle temute perdite che fa mostra di paventare – e il 17 marzo sarà festa solo quest'anno.

Viene però Borghezio (ieri sera su La7 a Otto e mezzo) a tenere alta la bandiera della sincerità per rincuorare i suoi con la sua rude retorica: per lui questo anniversario è addirittura un giorno di lutto. Secondo lui, il nord d'Italia è stato trattato come una colonia (!) e se la prende persino con Benigni che dice di considerare peggio che le ragazze di Arcore (del loro utilizzatore finale non parla): "Prende un sacco di soldi per fare uno spettacolo di untuoso ossequio ai valori risorgimentali e alla retorica del Risorgimento", dice e perciò gli "fa schifo".
Del resto non ha capito molto di quello che Benigni ha detto: per esempio confonde, pensa (dice di avere udito) che il comico abbia raccontato che a Legnano a suo tempo sventolavano contro il Barbarossa il tricolore (cosa che ovviamente Benigni non ha detto – ma lui di un discorso coglie solo alcune parole trascurando i nessi logici) e resta fermo, fra l'altro, nell'interpretazione errata della famosa "schiava di Roma", perché la semplice analisi logica per lui è filologismo, cioè astruseria, cosa che puzza di cultura. Per questa stessa ragione, non sa nulla della storia; e se ne vanta.

rischi

C'era da scommetterci: ai Veltroniani (vedi QUI) non piace Rosi Bindi come candidata alla presidenza del Consiglio. Preferirebbero, dice la Melandri, un uomo di destra, cioè Mario Monti – quello che in un'intervista di pochi mesi fa riconobbe a Berlusconi un solo grande merito: quello di aver salvato l'Italia nientemeno che da … Occhetto.
Viene il sospetto che, chissà, se non fosse così indaffarato e poco disponibile, forse gradirebbero ancor più l'americano Marchionne: lui sì che ci farebbe sognare

Anche D'Alema, manco a dirlo, dall'alto dei suoi ripetuti errori di valutazione, anziché apprezzare che Vendola abbia proposto il nome di una persona credibile, chiara e autorevole, capace davvero di unire tutta l'area del centro-sinistra, si mostra restio.

È naturale: con la Bindi si rischierebbe seriamente di vincere come con Prodi, e per di più di governare bene – come con lei.

l’immagine maschile

Le donne si sono mobilitate per dire ad alta voce  Basta! al degradante modello femminile proposto dal berlusconismo. Fanno benissimo.
Tuttavia questo sottolineare da più parti come sia soprattutto la dignità (o come si dice ora, adottando il linguaggio televisivo che ci è stato imposto l'immagine) femminile a essere vilipesa dal suddetto modello, mi crea anche qualche perplessità logica. Non ovviamente perché pensi che tale dignità (o immagine) non lo sia, ma perché mi pare che lo sia allo stesso modo in cui lo è anche quella  maschile.
Se le donne sono viste come tutte puttane o aspiranti tali, gli uomini, oltre a essere figli, fratelli e padri di queste, non possono che essere a loro volta tutti magnaccia e puttanieri.
Mi sarebbe piaciuto insomma che si fossero rivoltati anche gli uomini: di propria iniziativa, dico, e non in qualità di compagni delle donne che hanno al fianco e per una sorta di solidarietà nei loro confronti, quasi che la cosa riguardasse solo l'altra metà del cielo e non la loro, ma per se stessi, per come cioè questo modello li rappresenta e li offende in quanto uomini.
Non è accaduto. Sicché la sottolineatura e il soprattutto trovano qualche buon fondamento, purtroppo.

simboli

Il sole delle Alpi, quella foglia a stella verde che è il simbolo usato dalla Lega, dicono i leghisti – che ne hanno apposto il simbolo dappertutto nella nuova scuola statale del loro paese – è un simbolo antico*, tradizionale (?), non partitico: risale, dice uno, al 1600. O al Cinquecento, dice un altro, meno (o più?) informato. Entrambi se la ridono, soddisfatti della propria ipocrisia che scambiano per fine astuzia.
Ma la ministra Gelmini non ha colto la finezza e, senza volerlo, li smentisce proprio mentre vuole difenderli. Dice infatti, prendendosela con chi ha protestato per l'inqualificabile iniziativa del sindaco di Adro: "Chi protesta per la scuola di Adro dovrebbe protestare anche quando a scuola entrano simboli di sinistra".
Chissà cosa intende e dove è vissuta finora. Non si sono mai viste scuole in Italia, né pubbliche né private con la falce e martello fatta imprimere da qualche Peppone sui banchi, sulle porte, sui vetri, sugli stuoini e chissà dove altro mai. Lei lo sa bene, ma con diversa ipocrisia rispetto ai leghisti, fa finta di averne avuto cognizione, applicando ligiamente le nozioni imparate alla scuola berlusconiana: in mancanza di argomenti, agitare sempre lo spauracchio del comunismo.
Gli altri al governo tacciono. Tace naturalmente anche Berlusconi, ostaggio della Lega e, comunque, privo di interesse per faccenduole che abbiano a che vedere con la democrazia, la pluralità, e – non ne parliamo poi – con la laicità. Figurarsi: lui è amico di Gheddafi come di Bossi e di Putin. Il suo indiscutibile pluralismo d'élite sceglie sempre i migliori. Della scuola di Adro non si cura più che del peschereccio mitragliato dalla motovedetta libica con tanto di Guardie di Finanza italiane a bordo. Sono sciocchezze queste a fronte dei suoi problemi del momento e dei conti che lo assillano: vuoi dei sondaggi, vuoi dei parlamentari da aggiungersi a stampella del trono pericolante – vuoi dei giorni necessari per varare il sospirato scudo contro i suoi processi.
L'Italia, gli italiani, la scuola, gli scolari, i precari, i disoccupati, i licenziati, i terremotati si arrangino – e non stiano a farsi sentire!
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* anche la svastica era un simbolo antico, ben più del secentesco o cinquecentesco o trimillenario sole delle Alpi. Ma da quando i nazisti se ne appropriarono per inventarsi mitiche radici, è di fatto il simbolo di un partito e di un'ideologia storiche. Così è per il sole delle Alpi: simbolo di un partito, la Lega, che, non diversamente dal nazismo, ha vocazione totalitaria volendosi proporre come un tutto – senza badare al fatto che la stragrande maggioranza degli abitanti di quelle regioni che Bossi ha voluto impropriamente unire sotto il nome di Padania, non si riconosce affatto né nella Lega né nei suoi spernacchianti rappresentanti.

Radicamento nel territorio. Lega e Saviano

 

E sarebbe anche ora di finirla con la tiritera della Lega che nelle amministrazioni locali è  brava e operosa  ed è per di più radicata nel terrirorio – espressione, questa, che si trascina spesso dietro con compunta ammirazione il paragone fuori luogo con il PCI d'antan.

No e poi no. La Lega amministra i suoi piccoli comuni più o meno come capitava di fare anche alla DC & soci, di cui ha preso il posto.
Quanto al famoso radicamento nel territorio, sarebbe opportuno a questo proposito tenere ben presente la connessione con gli allevatori protestatari delle quote latte: un pugno di furbastri (solo un centinaio su quarantamila complessivi!).
La storia è lunga: gli allevatori (quasi tutti, non solo quel centinaio), dopo aver taciuto allo stato italiano (acquiescente) la reale quantità di latte prodotto (dicevano di produrne meno di quanto effettivamente  ne producevano, sicché poi l'Italia dichiarò a Bruxelles un consumo di latte inferiore della metà a quello reale – vedi QUI), si sono poi visti prescrivere dall'Europa limiti nella produzione sulla base dei dati falsati: speravano di andare avanti lo stesso con la produzione in nero e con eventuali condoni. Ma l'Europa si dimostrò più attenta di quanto immaginavano e pretese le multe (salate). Ora, mentre la stragrande maggioranza degli allevatori si è messa in regola, avendo ottenuto negli anni scorsi la rateizzazione delle multe, questo centinaio, invece,  non vuole  assoggettarsi alle regole europee né intende pagare il dovuto. Per difendere la protervia di costoro – ma  probabilmente anche qualche cosa poco chiara di CrediEuroNord,  la banca della Lega (vedi i sospetti dichiarati del senatore PD Enrico Morando QUI) – i leghisti con la complicità o l'acquiescenza di Tremonti e Berlusconi hanno costretto l'Italia (noi tutti, compresi gli allevatori onesti o ravveduti) ad addossarsi l'onere delle gravose multe  prescritte per la loro violazione (4 miliardi).
I sospetti sono dovuti al fatto che la banca della Lega già era stata negli anni scorsi associata alla questione delle quote latte. Secondo quanto scrissero il Corriere della Sera (lettura interessantissima) e Il Coltivatore Piemontese (organo della Coldiretti) era stata usata infatti per riciclare i soldi provenienti dalla produzione in nero di latte eccedente (vedi QUI) che, anziché andare all'Europa, finivano così col ritornare ai produttori.

E dire che poi la Lega se la prende con i falsi invalidi (e anche con quelli veri, tartassati con onerose richieste di ulteriori documentazioni), fa mostra di essere contro gli evasori e ripete a ogni pié sospinto la favola del Nord virtuoso e del Sud truffaldino, di "Roma ladrona" e di Milano sana ecc. Tutto questo, inoltre, mentre dà manforte a un governo alla cui ombra fiorisce e prospera  più che mai la corruzione.
È così, difendendo simili atteggiamenti, che la Lega si tiene ben aderente al "suo" territorio.

Il radicamento nel territorio, insomma, non è di per sé una virtù. Bisogna vedere come e per quali scopi, proteggendo chi e che cosa, ci si radica. Anche la mafia, la camorra e la 'ndrangheta sono radicatissime nel territorio, infatti. Non per questo sono virtuose.

E qui mi viene in mente Saviano, il bersaglio di tutti i malpensanti.

È dell'altro giorno la risposta sprezzante dei leghisti alla sua domanda: "Dove eravate mentre la camorra e la 'ndrangheta si innestavano proficuamente in Lombardia?". Noi, hanno detto, combattevamo prima che tu nascessi contro il soggiorno obbligato dei mafiosi nei comuni settentrionali. Noi lottiamo nei fatti contro le mafie, non come te solo a chiacchiere e facendoti i soldi.

C'è tutta l'ideologia leghista in questa non-risposta: prima di tutto l'odio plebeo per chi sa usare bene le parole (cioè per chi sa leggere e scrivere bene, e persino pensare, ed è insomma un odiosissimo intellettuale); poi il valore supremo attribuito ai soldi, agli "schei", l'unico Bene sacro riconosciuto: quel bel giovanotto campano ha la grave colpa di essersi fatto i Soldi insanamente con le parole e i libri, anziché sanamente allevando mucche e truffando sulle tasse! Poi, ancora, la riproposizione della favoletta razzistica del Nord puro, laborioso e ingenuo, contaminato dalla nequizia meridionale – così come ora verrebbe ulteriormente contaminato dalla presenza di altri iniqui stranieri.

Va detto, a questo punto, che senz'altro è vero che la legge sul soggiorno obbligato fu un errore, perché anziché isolare i mafiosi sradicandoli dal loro terreno di coltura, ha offerto loro la possibilità di estendere la rete di relazioni anche fuori da quel primitivo terreno di coltura (e cultura), prendendo contatto con la malavita locale.

Ma l'errore fu dovuto proprio al fatto che i legislatori di allora credettero anch'essi alla favola di un'inattaccabilità del tessuto sociale e culturale settentrionale da parte dei metodi mafiosi. Pensarono che il fenomeno della mafia e dell'omertà fosse un prodotto tipico della cultura del Sud: una mala pianta che non avrebbe potuto allignare nella pia e industriosa pianura del Nord. I fatti li hanno smentiti. Ma hanno smentito anche la favola.

patres familias

È di pochi giorni fa la notizia, passata per quanto ne so senza molti commenti, di un padre (in Piemonte) che, furente perché la figlia era rincasata troppo tardi, oltre ad aggredirla verbalmente, ha voluto verificare di sua mano, introducendole cioè le sue dita nella vagina, lo stato della sua verginità.
Fin qui  si può pensare che si tratti di una questione di barbarie o perversione personale.
Ma la cosa incredibile è che, denunciato dalla figlia per violenza, l'uomo è stato assolto dai tribunale nel processo di primo grado, perché i giudici non hanno ravvisato in tale atto alcun intento libidinoso; in appello l'uomo è stato condannato per semplice violenza privata (otto mesi di reclusione), sempre non riconoscendo, anche quella corte,  alcuna connotazione sessuale al gesto, inteso solo a punire e  "umiliare la figlia per la sua leggerezza di costumi".
C'è voluta la Cassazione per arrivare a stabilire che la motivazione della sentenza della Corte d'Appello era" illogica", dato che invece, logicamente,  l'atto di quel padre "non esclude la valenza prevaricatoria del gesto sessuale, potendo l'intento punitivo essere conseguito con modalità meno invasive della libertà di determinazione del soggetto passivo".

Ma dove, in quale epoca, viviamo, se ben sei giudici, sei persone che hanno studiato nelle nostre università fino a conseguire una laurea e si presume abbiano letto, almeno talvolta, qualche libro, e abbiano madri, sorelle, colleghe, mogli, figlie forse, e vivono nella nostra società, non sanno riconoscere il senso del gesto di quel padre?
(la notizia QUI e QUI)