Ecco: come era prevedibile fin dall’inizio, il nostro eroe (Renzi) si prepara a contestare il risultato delle primarie qualora non riuscisse a vincere (anche in questo seguendo la tradizione del suo modello). Prevedibile perché annunciato dai mugugni, prima contro il fatto stesso che ci fossero delle regole (quasi che la loro assenza fosse un fatto di libertà), poi dall’irrisione delle regole stesse e infine dal tentativo di forzarle.
Si dice: nelle elezioni normali, al secondo turno vanno o possono andare tranquillamente a votare molti che al primo non lo hanno fatto senza che nessuno faccia obiezioni.
Certo. Ma il fatto è che nelle elezioni normali il bacino elettorale coincide con l’intera cittadinanza.
Nelle primarie di coalizione, invece, il bacino è quello di quella parte della cittadinanza che si riconosce in quella coalizione. Questo implica necessariamente che ci sia una preventiva registrazione. Ed è questa che infine definisce il bacino stesso.
Nel nostro caso ci sono stati più di venti giorni per registrarsi – e siccome c’era la possibilità di farlo anche on line, chi voleva poteva iscriversi pur trovandosi fuori città o all’estero. Che un certo numero di cittadini per qualche particolare motivo non sia riuscito a farlo è plausibile, e giustamente il regolamento dà loro la possibilità di registrarsi ora.
Ma non è credibile che questo numero sia molto alto.
Gli strepiti renziani per far ammettere chiunque voglia farlo all’ultima ora, al di là di ogni regola, sono manifestamente pretestuosi.
A che servono allora?
Uno, a far credere preventivamente e contro ogni evidenza che, se per caso Renzi non vincesse, la sua sconfitta sarebbe dovuta agli ostacoli messi dall’apparato contro di lui, quasi che fosse stato impedito ai suoi di registrarsi e partecipare (cosa palesemente infondata, dal momento che le regole garantiscono lui alla pari di tutti gli altri: i suoi seguaci hanno avuto le identiche possibilità degli altri di partecipare e, se sono appassionati come parrebbe dalle ovazioni, non dovrebbero in molti aver tralasciato l’occasione di correre a registrarsi subito, fin dall’inizio di novembre).
Due, a ribadire quello che in questi anni ci è stato insegnato e propagandato dal berlusconismo: cioè che le regole sono un intralcio per la “libertà” e si seguono solo quando conviene, altrimenti le si considera carta straccia.
Tre, a usare questi falsi argomenti per proporsi propagandisticamente come vittima del perfido apparato (posizione che come insegna B, la grande vittima di complotti giudiziari, attira consensi) e per giustificare, in caso di sconfitta, gli attacchi contro il PD nel suo complesso – a dispetto delle dichiarazioni di essere disposto ad accettare il risultato e a ritirarsi (contentarsi di fare il sindaco).
Dichiarazioni false ovviamente, e anche un po’ assurde, perché servivano a Renzi solo in realtà per dire che, nel caso di propria vittoria, lui avrebbe preteso che gli sconfitti si ritirassero.
Ma ciò ha appunto dell’assurdo da un punto di vista democratico: infatti utilizzare anche gli sconfitti delle primarie nel nuovo Parlamento e persino nella composizione di un nuovo ipotetico governo di coalizione non significa, come lui ha detto, dare loro un “contentino”, ma significa rispettare quella parte di elettori che hanno appoggiato quelli che sono riusciti minoranza – oltre che utilizzare eventuali esperienze e competenze presenti nella coalizione stessa.
Gli avversari delle primarie non sono infatti gli avversari di due coalizioni contrapposte e agli antipodi che si contendono il governo del paese, ma sono all’interno di una stessa formazione (di uno stesso partito, nel caso di Renzi) che si pone l’obiettivo del governo contro altri avversari, esterni, di altre formazioni.
Non ci sarebbe niente di strano o di ambiguo per esempio, anzi sarebbe opportuno, se un Bersani vincitore chiamasse Renzi stesso o altri renziani a qualche incarico in base alle loro competenze (Obama, non a caso, chiamò Hillary Clinton a fare il segretario di stato – e lei accettò).
Che Renzi mostri di non capire e accettare questo è solo un’ennesima prova del suo scarso senso democratico – e, ancor più, del fatto che ritiene (e lascia che si ritenga, nel plauso della destra) di non riconoscersi nel partito di cui pure fa parte, anzi di ritenerlo una forza di cui servirsi per potere infine abbatterla.
Ma siamo ormai eredi del concetto di libertà falsato dall’uso che ne è stato fatto dal berlusconismo – e ogni ragionevolezza sembra fuori moda.