Gramsci, con la sua schiena di piccolo eretto Leopardi

La presenza di Leopardi nella poesia (e nella testa, se così posso esprimermi, di Pasolini) è tutt’altro che invisibile od occulta.

Certo non mi metto a improvvisare dilettanteschi saggi critici letterari qui su di un blog, ma qualche indicazione da lettrice a proposito di questo tema posso pure darla, così come farei in un dopocena con amici che fossero anch’essi lettori interessati.

Lasciando da parte la poesia giovanile di Pasolini, per la quale mi limito a dire genericamente che è tutta impregnata della poetica della rimembranza, del mito del tempo passato ecc., mi interessa far notare quanto Leopardi appaia presente nella raccolta delle Ceneri di Gramsci.
Prima di tutto vi appare nella concezione stessa dei poemetti: in quel loro andamento di ragionamento in versi in cui si alternano come nella Ginestra momenti autobiografici e momenti lirici, panoramiche geografico storiche e descrizioni realistiche della vita presente, lontana ed effimera, amata rimpianta nell’atto stesso di descriverla già nella luce del ricordo, nella lontananza dell’esclusione.
Ma è presente anche con più immediata concretezza nelle scelta di vocaboli tipicamente leopardiani.

Per tenermi nei limiti di un blog, prendo qualche esempio dal poemetto più noto, quello che dà il titolo alla raccolta, Le ceneri di Gramsci. Qui gli echi leopardiani sono vistosissimi, soprattutto nella prima e nell’ultima sezione.

Innazitutto il poemetto si apre con l’indicazione di un mese tipicamente leopardiano e già carico per questo del significato simbolico che allude alle giovanili illusioni viste dalla successiva epoca del disinganno: il “maggio odoroso“.
Infatti: Non è di maggio questa impura aria, cioè il presente, con la sua mortale pace, disamorata
(…) l’autunnale maggio/ in cui ci appare// tra le macerie finito il profondo/ e ingenuo sforzo di rifare la vita.

Il leopardiano “maggio odoroso” appartiene inevitabilmente al passato: non può perciò mai essere questo, ma è sempre quel maggio. E infatti:

Tu giovane, in quel maggio in cui l’errore
era ancora vita, in quel maggio italiano
che alla vita aggiungeva almeno ardore

quanto meno sventato e impuramente sano
dei nostri padri – non padre, ma umile
fratello – già con la tua magra mano

delineavi l’ideale che illumina
(ma non per noi: tu, morto, e noi
morti ugualmente con te, nell’umido

giardino) questo silenzio.

Segnalo il termine “errore“, tipicamente leopardiano (e messo in grande rilievo al limite della sospensione data dall’enjambment), e poi quel “quanto meno sventato e impuramente sano dei nostri padri”, che richiama i versi della Ginestra anch’essi rivolti a un “tu” (in quel caso, la ginestra stessa, in questo di PPP, Gramsci ormai morto): …ma più saggia, ma tanto/ meno inferma ecc. Qui, nelle Ceneri il “più saggia” diventa “meno sventata”, e “meno inferma” diventa “impuramente sano”, dietro il quale c’è secondo logica sottinteso un “più”.
Infine c’è, riconoscibilissima, l’immagine della diafana mano della morta speranza di A Silvia (e con la mano/ la fredda morte ed una tomba ignuda/ mostravi di lontano.) Il gesto qui è lo stesso: con la tua magra mano// delineavi l’ideale che illumina/ (ma non per noi: tu, morto, e noi/ morti ugualmente…
Non si tratta di riprese solo esteriori.
Proprio in quest’ultima immagine leopardiana, quella della mano debole, morente, ma decisa che indica qualcosa (che è negazione) nel futuro, ecco che viene a concludersi nella mente del lettore un processo che, in analogia con la fusione, nell’ultima parte di A Silvia, delle immagini della ragazza e della speranza, entrambe morte, sovrappone l’immagine di Gramsci e quella, allusa, di Leopardi.
Del resto tale fusione tra le due figure verrà poi riproposta ad anni di distanza nella Divina mimesis(Einaudi 1975), dove a p.16 Pasolini rievoca nei panni di un dantesco Virgilio “Gramsci stesso… con la sua schiena di piccolo eretto Leopardi.”
Ciò che accomuna i due nella mente di Pasolini, oltre alla diversità fisica, è il chiaro sguardo lucidissimo sulla realtà.

Tipico realismo leopardiano si ritrova poi nella chiusa delle Ceneri che richiama con evidenza il Sabato del villaggio, con la sua idea di festa attesa:

Già tutta l’aria imbruna, /torna azzurro il sereno (…)/Or la squilla dà segno / della festa che viene; / ed a quel suon diresti / che il cor si riconforta./I fanciulli gridando /su la piazzuola in frotta/e qua e là saltando,/fanno un lieto romore:/
e intanto riede alla sua parca mensa,/fischiando, il zappatore, /…/poi quando intorno è spenta ogni altra face,/…/odi il martel picchiare, odi la sega /del legnaiuol, che veglia/ nella chiusa bottega alla lucerna/e s’affretta e s’adopra/di fornir l’opra…
(Leopardi, <iIl sabato del villaggio

Manca poco alla cena;/ brillano i pochi autobus del quartiere/ …/ … e non lontano, tra casette/ abusive ai margini del monte, o in mezzo // a palazzi, quasi a mondi, dei ragazzi/ leggeri come stracci giocano alla brezza/ non più fredda, primaverile; ardenti// di sventatezza giovanile la romanesca / loro sera di maggio scuri adolescenti/ fischiano pei marciapiedi, nella festa// vespertina; e scrosciano le saracinesche / dei garages di schianto, gioiosamente,/ se il buio ha reso serena la sera,// … (Pasolini, Le ceneri di Gramsci, sez. VI).

Ci sarebbe moltissimo altro da aggiungere. Per esempio, a proposito di La religione del mio tempo, e altro ancora. Soprattutto poi a proposito della “spiacevole ironia” del Pasolini di Trasumanar e organizzar che nella sua idea di base, ma anche in precisi richiami, si rifà alla Palinodia e ai Nuovi credenti e in generale alle poesie del ciclo di Aspasia di Leopardi fino al Tramonto della luna. Ma il discorso si farebbe lungo e complesso.

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8 commenti

  1. proteus2000

     /  novembre 21, 2005

    In effetti… il “manca poco alla cena…” sembra una brutta parafrasi di “già tutta l’aria inbruna…”: verso per verso.
    Certo hai letto Pasolini con molta più attenzione e diligenza di quanto non abbia fatto io a suo tempo. Dovrei solo dire: mi arrendo, ma mi riservo di approfondire l’argomento per fare un discorso più articolato (che non potrà certo essere all’altezza del tuo post, comunque ci proverò).
    Anche se mi fa rabbia avere torto, devo ammettere che questo è il livello a cui mi spiace discutere con te.

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  2. AnnaSetari

     /  novembre 21, 2005

    Ti spiace discutere con me?
    Un refuso freudiano o una dichiarazione ostile?

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  3. proteus2000

     /  novembre 22, 2005

    Un refuso e basta… Ma non me lo spiego, dato che la S è lontana dalla P sulla tastiera.
    Il discorso non finisce mica qui, ovviamente.
    Ieri ho visto una serie di corti di ppp. “La ricotta” (che avevo già visto, e che secondo me è il suo capolavoro) e altri molto meno interessanti.
    P. Era un progressista modernamente inteso. Non irrideva certo “le magnifiche sorti e progressive”, solo che per lui “progresso” era salvaguardia della società arcaica (e dell’arcadia), una salvaguardia che doveva attuatarsi mediante l’azione politica.
    Un discorso che va approfondito, ripeto.

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  4. georgiamada

     /  novembre 22, 2005

    anch’io amo molto la ricotta e soprattutto la bella poesia recitata all’interno da orson welles, poesia che è possibile sentire dalla voce di pasolini stesso su
    http://www.pasolini.net/
    Andare qui e poi cliccare su “io sono una forza del passato”.
    Di leopardi invece amo moltissimo un suo scritto giovanile, del 1818: Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. voleva essere un saggio ferocemente antiromantico e invece alla fin fine è un testo modernissimo (fu poi pubblicato solo nel 1906) e quasi profetico su dove si stava dirigendo la poesia italiana.
    Spesso chi capisce il presente prima degli altri è sempre un conservatore addolorato, ma alla fin fine il “dolore illuminante” può risultare innovativo ;-). Perchè “capire” in profondità è sempre, alla fin fine, una grande forza rivoluzionaria.
    georgia

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  5. AnnaSetari

     /  novembre 22, 2005

    @Proteus, vorrei che fosse chiara una cosa, per quanto mi riguarda.
    Dire che nella poesia di Pasolini è visibile, riconoscibile ecc. la presenza di Leopardi NON significha affermare che Pasolini sia “come” Leopardi da un punto di vista poetico, o che abbia con lui piena consonanza ideologica o filosofica ecc.
    Pasolini è diverso da Leopardi.
    Come è diverso da Pascoli, per esempio, di cui pure risente grandemente l’influenza (e che certo non è dell’area leopardiana) e dagli altri scrittori da cui ha “preso” qualcosa.
    È interessante, tuttavia seguire certi filoni, trovare queste tracce disseminate ecc. Altro discorso poi è studiare in profondità il senso che hanno.

    Anche porrei la domanda: quale Pasolini e quale Leopardi?
    Per te Pasolini “era un progressista modernamente inteso” che “però” voleva salvaguardare l’arcadia [ma devo confessare che io non capisco cosa significhi questo modernamente inteso] e Leopardi invece no, non era un progressista (modernamente o assolutamente inteso ?) perchè irrideva le “magnifiche sorti e progressive” in cui mostravano di aver fiducia i soddisfatti borghesi e gli intellettuali “nuovi credenti” del suo tempo.

    A me la cosa in verità appare più problematica e intricata. Leopardi, come si sa, ha dato luogo a interpretazioni molto diverse tra loro. E anche Pasolini, per quel pochissimo che si è cercato di studiarlo.
    Proprio per questo mi sono limitata a mettere in evidenza certi link tra i due personaggi senza lanciarmi in grandi sintesi risolutrici.
    I miei post volevano (vorrebbero) essere un contributo, uno spunto alla riflessione, e un invito a riletture o letture per chi ne avesse voglia o curiosità.

    Non sono sicurissima, per esempio, che la “nota” Ginestra, e le poesie dell’ultimo periodo (quelle scritte a Napoli, per intenderci) siano fra i testi più letti o riletti di Leopardi. Secondo le mie inchieste personali, non lo sono.
    Sono piuttosto sicura, inoltre, che il sempre citato Pasolini sia per lo più ignoto per quanto riguarda la sua poesia – e soprattutto siano ignote le sue cose forse più interessanti, e cioè le poesie in friulano (compreso il rifacimento finale de La nuova gioventù), Empirismo eretico e Trasumanar e organizzar.

    Naturalmente non è obbligatorio leggerli. Solo chi ne avesse voglia:-))

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  6. AnnaSetari

     /  novembre 22, 2005

    @georgia, io credo che il passato, essendo l’unico non-presente di cui sappiamo qualcosa (non importa se magari quel qualcosa viene dall’immaginazione o ricordo mitizzato) si adatti sempre benissimo a fare da termine di confronto per il presente, e perciò a essere una cartina di tornasole, uno strumento di conoscenza – tale da permettere, a quelli più appassionati e acuti tra noi, di individuare a volte le dinamiche della futura sistemazione (provvisoria) delle cose.

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  7. anonimo

     /  dicembre 2, 2005

    cara anna, condivido molte delle tue considerazioni, sei acuta e sensibile
    mario

    Rispondi
  8. anonimo

     /  giugno 15, 2010

    scs x  per far 1 ricerca sulla postura di leopardi dove devo anda??mi servirebbe per l' esamee…=((((((( non trovo nienteeeeeeeee……..

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