I am the solitude that asks and promises nothing;
That is how I shall set you free. There is no love;
There are only the various envies, all of them sad.

Da In Praise of Limestone di W. H. Auden.

(“Io sono la solitudine che non chiede né promette nulla; ecco come ti renderò libero. Non c’è l’amore; ci sono solo le invidie disparate, tutte tristi”.)

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23 commenti

  1. proteus2000

     /  settembre 1, 2005

    Oggi mi sento un po’ottuso e forse non l’ho capita. Puoi dare la tua interpretazione?

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  2. Rea

     /  settembre 1, 2005

    La solitudine può rendere liberi?
    Mi hai fatto tornare alla mente una cosa terribile: anni fa feci un sogno in cui vivevo per strada e mi sentivo libera e incredibilmente felice… poi a un tratto mi ero accorta della mia solitudine e cercavo di morire. Certa gente mi disse che che la libertà può essere pericolosa.
    Dunque, libertà e solitudine, felicità e morte… a quanto pare sono concetti molto ambigui

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  3. arden

     /  settembre 2, 2005

    @Rea, secondo me, la solitudine può dare una certa libertà.
    Per esempio: se non si ha a che vedere con gli altri, se si è senza obblighi o responsabilità o senza affetti che leghino, si può prendere una corda, fare un bel nodo scorsoio e, esercitando il massimo della libertà, rompere anche l’ultimo legame che resta e dare un calcio alla vita.
    Oppure nella solitudineci si può dedicare a profondi pensieri ed esperienze mistiche, e crescere spiritualmente e (chissà?) addirittura essere anche felici. Io non ne ho esperienza.

    In ogni modo, nei versi qui sopra, chi parla è la vastità dell’oceano.
    Un aspetto simbolico della realtà.
    Un simbolo di isolamento, di vastità e desolazione, anche, e di amarezza profonda.
    Uno dei molti e contraddittori aspetti della nostra realtà.

    Quanto alla felicità e alla morte, non so dire molte cose. Suppongo che la morte sia la fine e l’annullamento di ogni sentimento, gradevole o sgradevole che questo sia, e che quindi non abbia a che vedere con la felicità.
    Quel poco di felicità che è possibile avere sta certamente nella vita.
    Persino chi crede nella felicità ultraterrena del paradiso, è costretto a chiamare quella esperienza di beatitudine “vita”. Anzi ci mette la maiuscola. Sarebbe quasi una super-vita in cui si sente al massimo grado tutto ciò che è bello. Il contrario, cioè, di quell’oceano di desolazione dei versi citati nel post: nella super-vita esisterebbe solo l’amore e nessuna invidia, né di conseguenza alcuna tristezza…
    Ma ci si arriva, pare che su questo non esistano divergenze, per amore soltanto.

    Sicché la libertà del nodo scorsoio, di cui dicevo all’inizio, è una libertà che non ha alcuna relazione con la felicità.
    Sono stata prolissa. Scusami;-)

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  4. toporififi

     /  settembre 2, 2005

    Io personalmente credo che il suicidio sia il culmine dell’alienazione, la riduzione della propria persona ad un oggetto, quindi una schiavitù totale, una sconfitta.
    Lo capisco, capisco che in certe condizioni di vita sia un pensiero che ci raggiunge e seduce, ma gli contrappongo piuttosto l’animalità di un istinto vitale, restando nella natura.
    Quanto alla vita eterna (che non è un’espressione propriamente temporale) trovo che la tua constatazione sia perfetta; ci si arriva per amore soltanto.

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  5. proteus2000

     /  settembre 2, 2005

    Che bella la tua sapiente chiosa, Anna!

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  6. arden

     /  settembre 2, 2005

    Ci sono delle permanenze in vita che pure possono essere definite delle sconfitte.
    Non solo. Bisognerebbe anche sapere di quale guerra o battaglia si sta parlando. Suppongo che ce ne siano varie e diverse tra loro, sulle quali guerreggiare a spada tratta.

    C’è poi magari chi non si riconosce affatto in queste metafore battagliere e parte da tutt’altre premesse.
    E c’è comunque la straordinaria varietà del cuore-e-della-mente umano e delle sue scelte.

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  7. toporififi

     /  settembre 2, 2005

    Sai Anna credo che abbia senso parlare di battaglia, quindi di vittoria o sconfitta, se questa ha un fine ulteriore alla sua, inevitabile, fine, (a meno che la dignità con cui qualcuno muore sia importante per chi resta).
    Altrimenti è un interruttore che si spegne, prima c’eri dopo non ci sei più, che importanza ha in fondo chi preme il pulsante e se il pulsante è naturale, di corda, pillole o una lametta.
    In poesia è frequente considerare questo vuoto buio il contenitore ideale della creazione poetica, si presta in effetti.
    Mi ricordo che in giovane età mi fecero il test di Rorshach e guardando un’immagine dissi che era un giovane in smoking che si guardava allo specchio e c’era del sangue in giro, io mi ricordavo un pezzo di Borges che descriveva proprio quello spazio tra la decisione e l’atto suicida di un dandy , e nella diagnosi misero “istinti suicidali”, ci avevo centrato, ma nessuno può sapere cosa farà domani o in una grande sofferenza.

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  8. Rea

     /  settembre 2, 2005

    ops, non intendevo trasportare il discorso sul suicidio… però credo che lo porterò da un’altra parte: vi prego, spiegatemi perchè per amore tutto è concesso, con l’amore tutto dovrebbe ottenersi, ma ciò non vale per altri sentimenti.

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  9. toporififi

     /  settembre 2, 2005

    Perchè l’amore non è un sentimento, non viene da noi, è un’energia a cui partecipiamo.

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  10. AnnaSetari

     /  settembre 3, 2005

    @Rea, non è che che sia semplice dare la propria povera opinione su questioni come quelle che poni.
    Per esempio, io non so bene se sia possibile affermare che “tutto è concesso per amore”, o che “tutto si ottiene con l’amore”.
    So che sono frasi che si ripetono.
    Ma in verità non so bene che senso attribuire loro.
    “Tutto”?
    cosa si intende per “tutto”?
    È così generico che è quasi come dire “niente”.
    Nel “tutto” sono compresi i soldi, per esempio? magari i soldi degli altri?
    È compreso il successo ? la fama? Il bel viaggio?
    Se non sono compresi, di che “tutto” si tratta? Direi che somiglia a un “non tutto”. O no?

    Vedi che allora la frase da cui partiamo comincia a diventare insensata e ha bisogno di precisazioni?

    E lo diventa ancor di più se ci chiediamo poi cosa s’intende per “amore”.
    L’amore degli innamorati?
    Quello dei genitori per i figli?
    Quello di madre Teresa per i moribondi?
    Quello di Berlusconi o altri per i soldi e per il potere?
    Quello del filatelico per i francobolli?
    Il mio per la scrittura? Il tuo per il disegno?

    Insomma non si può discutere senza intenderci su che cosa di preciso stiamo discutendo.
    E scusa di nuovo la prolissità;-)

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  11. arden

     /  settembre 3, 2005

    Non ne parliamo poi se la buttiamo sull’ energia.
    È come non dire nulla.
    La parola ha una sua possibilità di definizione solo in contesti diversissimi da questo.

    Cosa volevi dire, Rififi?
    Che l’amore è Dio? Che è un suo aspetto? un suo mezzo?
    o magari un suo sentimento?
    o forse un’emanazione?
    Una volta si risolvevano molte cose con la parola “emanazione”, e aveva anche il vantaggio che ci si poteva litigare poi su per secoli.

    Dunque, confortàti da infiniti precedenti parlatori, che han finito per convincere tutti (pur se a torto) di sapere vagamente di che si parla dicendo “Dio”, si può ben dire che l’amore è Dio.
    O che Dio è amore (sarà poi la stessa cosa? Bah…) E credere, se si è così portati, se si ha la famosa grazia della fede, a questa spiegazione del mondo.
    Ma l’ “energia”, per carità, risparmiamocela.

    E poi: perché mai l’amore non sarebbe un sentimento (o almeno, non “anche” un sentimento)?
    Sentimento fra i suoi significati ha quello di “impulso dell’anima”.
    E non va bene?
    È un “impulso dell’anima” infatti che porta Berlusconi e molti altri ad amare i dané. O che porta Teresa a soccorrere i moribondi.
    Se poi sia Dio a dirigerlo a soffiarcelo dentro, o no, questo è un altro discorso.
    A differenza dell’odio (altro impulso dell’anima) l’amore tenderebbe a unire più che a dividere, a costruire, a sviluppare ecc. tenderebbe insomma alla vita anziché alla morte.
    Ma anche queste sono affermazioni che lasciano il tempo che trovano, perché sono generiche.

    Penso che su questo straordinario blog che tende sempre più a diventare simoile al salotto della signora Verdurin, l’unica definizione corretta dell’amore, l’unica cui io (la signora) do il mio imprimatur sia:

    L’amore è una cosa
    che odora di rosa
    che rosa non è –
    Indovina cos’è.

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  12. LaGiardiniera

     /  settembre 3, 2005

    ahahahahaha! il salotto Verdurin!!! ecco allora perché mi piace tanto… quella della festa Verdurin è la mia parte preferita :-)

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  13. arden

     /  settembre 3, 2005

    You made my day, @Giardy;-))

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  14. intemperanza

     /  settembre 3, 2005

    Oddio!! Ma era tremenda la signora Verdurin, arrampicatrice, manipolatrice, abitata dal demone del controllo e del potere, Arden, ti prego, se c’è un personaggio letterario detestabile è madame Verdurin.
    Perché non Rahel von Varnhagen? Almeno era un vero salotto letterario;–)
    Temp

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  15. LaGiardiniera

     /  settembre 3, 2005

    ardy sei una filosofa. ;-)
    la frase di Auden ha una musicalità strepitosa.
    Mi pare di aver letto, per rimanere in tema di ‘varie invidie’ che Auden fosse noto anche per la sua tremenda natura di pettegolo e maldicente. Chissà, forse l’oceano serve a giustificarlo.
    giardy

    Rispondi
  16. arden

     /  settembre 3, 2005

    @Giardy, ho letto anch’io. Pare che molti grandi uomini (e donne) abbiano difetti detestabili, spesso.
    Mi ha sempre incuriosito questa discrepanza che quasi sempre c’è almeno un poco, ma che quanto più un artista è grande tanto più si nota e lascia perplessi, tra le miserie personali di un autore e l’ampiezza del suo sguardo o l’altezza del suo volo. Pur essendo per questo lettrice di biografie, sono sollevata quando di qualche “mio” poeta mancano dettagli e notizie sulla vita privata.

    @Temp, certo, la Verdurin era tremenda e non vorrei averci a che fare dal vero. Ma come personaggio letterario è godibilissima;-).
    Io ho parlato di proposito.

    Perché nomini la povera Rahel von Varnhagen?
    Se questo blog volesse credersi un salotto letterario vero, immediatamente per ciò stesso sarebbe il vero salotto della Verdurin.

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  17. intemperanza

     /  settembre 3, 2005

    Temo che tu abbia ragione, a parte forse l’eccellente cucina che da te (ahimè) è virtuale;–)
    Temp

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  18. toporififi

     /  settembre 3, 2005

    Io non so chi sia la signora Verdurin, tuttalpiù mi ricordo della contessa Vendramin, ma per tornare alla mia affermazione, credo che il discorso sia abbastanza scivoloso ma si possano trovare degli appigli, diverso è l’amore dal desiderio o dalla brama, se parlavo di energia è perchè per considerarlo tale, l’amore, bisogna farne esperienza comune, mentre il sentimento parte da ognuno di noi senza la necessità di venir corrisposto (non ci sarebbero molti poeti se no).
    Il sentimento come dice la parola stessa è infatti passivo, il sentire si riferisce ad una ricezione dei sensi, mentre l’amore è attivo manifestandosi in atti concreti.
    Mi rendo conto che ci sono secoli di confusione a riguardo, ma è necessario radicalizzare certe parole ed usarle per il loro significato proprio, la confusione tra amore e sentimento ha raggiunto il suo culmine in ambiente romantico ed è forse il significato che ci seduce di più, ma stando attenti alle parole le cose riprendono il loro posto.

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  19. intemperanza

     /  settembre 3, 2005

    Perché dici “povera Rahel”? Dopotutto Heine l’ha definita la donna più ricca di spirito di tutto l’universo, ha avuto qualche problema, va bè, però con madame de Sevigné è una delle mie donne preferite:–)
    temp

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  20. toporififi

     /  settembre 3, 2005

    Scusate ancora, rileggendo vedo che potrei ancora essere frainteso, parliamo di sfere che sconfinano tra loro, non ci sono confini netti, ma le parole sono diverse perchè diversi sono i significati
    Se consideriamo due poeti a caso, Dante e Petrarca ad esempio, il concetto di amore è riferito a sfere ben diverse eppure sembrano simili.

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  21. intemperanza

     /  settembre 3, 2005

    Ecco, Toporififi sarebbe stato perfetto nel salotto di Rahel:–)

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  22. toporififi

     /  settembre 3, 2005

    Io vado in qualunque salotto purchè ci sia un divano.

    Rispondi
  23. arden

     /  settembre 3, 2005

    @Temp,
    povera l’ho definita
    per essere lei finita
    in questi nostri paragoni fini:-)

    @Rififi, appunto questo mi permettevo di dire: bisognerebbe cercare di usare le parole nei loro significati propri. Giusto per capire e farsi capire.
    Non è semplice;-)

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